Ischia, Terra del fuoco
Si racconta che Tifeo, un gigante dalle sette teste e dagli occhi di fuoco, punito da Zeus, fu costretto a sorreggere l’intera isola d’Ischia. Da allora, a ogni tentativo di ribellarsi, l’isola viveva una terribile scossa di terremoto. È il mito a presentarvi l’isola d’Ischia, la più grande del Golfo di Napoli che si staglia tra Procida e Vivara, per circa 46 km quadrati. L’isola, celebrata fin dall’antichità, dai poeti che l’amarono con la sua prorompente natura, il suo mare azzurro e i paesaggi sconfinati, fu da sempre rifugio di intellettuali provenienti da tutto il mondo colpiti dal suo fascino senza tempo. I greci la chiamarono Pithecusa, l’ isola delle scimmie oppure, secondo un’ipotesi più accreditata “grande vaso” come quelli che venivano prodotti fin dai tempi più antichi. Furono Omero, Archiloco e Simonide di Amorgo a chiamarla invece “Arime” che Virgilio tradusse in “Inarime” “terra di fuoco” a testimonianza delle tante fumarole ancora oggi attive. I Romani la chiamarono, invece, l’isola Aenaria, nome che deriva da una delle tante leggende che avvolgono l’isola secondo cui Enea vi approdò così come raccontato dall’Historiae Naturali di Plinio. Il termine Ischia comparve la prima volta in una lettera datata 813; a firmarla era Papa Leone III che chiedeva a Carlo Magno un aiuto contro le forze dei saraceni che avevano saccheggiato l’isola. Probabilmente, quest’ultimo appellativo che ha poi preso il sopravvento deriva da insula, isola appunto, divenuta “iscla” nel Medioevo. Ischia, è un’isola vulcanica. In origine doveva essere collegata al continente ma numerose eruzioni vulcaniche la fecero emergere dal mare. Suddivisa in sei comuni, presentano ciascuno delle caratteristiche ben precise che vi lasceranno senza fiato.